Durante questo Anno Ignaziano, pubblichiamo una serie di omelie che il P. Generale Kolvenbach ha tenuto nei giorni della festa di S. Ignazio. In questa prima omelia, P. Kolvenbach si concentra sulla passione di Ignazio per la Chiesa che stava attraversando tempi difficili.
Chiesa di S. Ignazio, Roma, 31 luglio 1993
Eccoci di nuovo insieme nella Chiesa di Sant’Ignazio, perché egli ha potuto incarnare nella sua persona le parole del vangelo che invitano a seguire Gesù perdendo la propria vita per ritrovarla in Gesù, la vera vita , per sempre. Sant’Ignazio non realizzava, generosamente, le parole di Gesù in una sua vita privata, perché egli non poteva concepirsi come persona fuori della comunione ecclesiale, fuori della Chiesa. Quando Ignazio scrive sulla Chiesa, non lo fa mai senza vederla nella sua realtà di Sposa di Gesù, che vive con il suo Signore, Sposo, un mistero d’amore. Perdere la propria vita per seguire Gesù significa allora per Ignazio rinunciare ai suoi propri progetti e alle sue proprie idee, per mettere tutto il suo cuore al servizio della Chiesa, sposa di Gesù. Ignazio perde la sua vita per una Chiesa che, nata dalla piaga del costato del suo Signore, non può essere la sua sposa che condividendone la sua passione e la sua croce per dare al mondo la vera Vita che è il suo Sposo. In questo spirito Ignazio non voleva che la Compagnia di Gesù lavorasse per il suo proprio progresso, il suo proprio benessere, ma che s’impegnasse esclusivamente nei progetti e nelle missioni che la Chiesa le affiderà per mezzo delle chiamate del Vicario di Cristo in terra.
Ma perdere la propria vita per seguire Gesù nella sua Chiesa aveva: per Ignazio anche un altro senso diversamente doloroso. Come noi, anche Ignazio ha fatto la crocifiggente esperienza che, più un fedele ama la Chiesa, più soffrirà delle sue debolezze e delle sue deficienze, dei suoi errori e dei suoi scandali. È l’amore per la Chiesa che ci fa sognare una Chiesa ideale, senza macchia né ruga né nulla del genere, e che risveglia in noi uno zelo ardente per la purezza della Sposa di Gesù. Vivendo in un tempo in cui la Chiesa aveva un bisogno veramente grande di una riforma «in alto e in basso», Ignazio non si rinchiudeva in un atteggiamento di critica subdola, in attacchi aspri e sempre negativi, ma, pur riconoscendo – aveva occhi aperti – la realtà oscura della Chiesa del suo tempo, egli si metteva amorosamente all’opera per riformare se stesso seguendo Gesù sempre più da vicino, e per aiutare in una riforma seria di se stessi tutti quelli che il Signore metteva sul suo cammino, edificando così la città santa con le pietre vive della passione del Signore per la sua Sposa, la Chiesa. Ignazio non si metteva fuori della Chiesa o accanto alla Chiesa perché essa non era la Chiesa del puro amore, del puro spirito.
Convinto che camminare al seguito del Signore non è mai autentico senza amare la sua «Sposa che è la Chiesa», e soffrendo dolorosamente della realtà troppo umana dell’assemblea del Signore, Ignazio s’identifica con essa com’è da parte del suo Signore e com’essa è da parte nostra, poveri peccatori. È proprio in quanto uomo di Chiesa che Ignazio ha imparato a perdere la sua vita, a spogliarsi dell’onore di appartenere a una comunità di fede irreprensibile e perfetta, per amare una Chiesa che vive del perdono amoroso del suo Signore, per amare una Chiesa che, composta di santi e di peccatori, di persone forti e deboli, cammina faticosamente e pazientemente attraverso l’oscurità di questo mondo che essa affronta, verso la luce eterna che è il suo Sposo. Seguire Gesù significava per Ignazio perdere la propria vita per una Chiesa qui e là sfigurata o respinta. Ignazio aveva imparato dal suo Signore che anche per la Chiesa non c’è altra via che il cammino della croce e che rifiutare di soffrire per la Chiesa, e anche a causa della Chiesa, è in fondo indietreggiare davanti alla croce. Che questa celebrazione eucaristica ci ottenga qualche cosa della passione di Ignazio per la Chiesa che lo Sposo ha voluto tutta risplendente, santa e immacolata.