Cosa può insegnarci la conversione di sant’Ignazio 500 anni dopo
P. Jean Luc Enyegue SJ dal Camerun riflette sul significato della conversione di Sant’Ignazio per noi oggi. Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta su America Magazine.
Nel 1597, lo stesso giorno in cui divenne completamente cieca, una donna di Maiorca di nome Noguere fu toccata dalle reliquie di sant’Ignazio. Riferì che un profumo di rose la riempì di una dolce consolazione. Il dolore acuto agli occhi si placò improvvisamente. Cominciò a vedere debolmente, mentre il giorno dopo ci vedeva già perfettamente. Questa guarigione fu uno dei miracoli a sostegno della canonizzazione di sant’Ignazio di Loyola.
Quest’anno, a partire dal 20 maggio e fino al 31 luglio 2022, la Compagnia di Gesù in tutto il mondo e l’intera famiglia ignaziana celebrano il cammino spirituale di sant’Ignazio dal 500° anniversario della sua conversione nel 1521 alla sua canonizzazione nel 1622. Nel contesto di quest’Anno Ignaziano, la storia di Noguere ci aiuta a spiegare la conversione come un processo di recupero dalla cecità a una vista migliore.
La storia di Noguere ci aiuta a spiegare la conversione come un processo di recupero dalla cecità a una vista migliore
Il 20 maggio 1521, in una battaglia nella città spagnola di Pamplona, una palla di cannone ruppe una gamba di Íñigo López de Loyola e ferì l’altra. Con l’incidente, Íñigo aveva raggiunto il fondo di quella che era stata un’esistenza abbastanza frantumata, segnata da perdite e da un’ambizione insaziabile. L’uomo ferito a Pamplona era un orfano di 26 anni, che aveva perso i genitori in tenera età. Uno dei suoi fratelli morì in guerra. Un altro si avventurò nelle Americhe e non fece più ritorno a casa. Al momento della battaglia di Pamplona, il suo nuovo padrone e patrigno, Juan Velásquez de Cuéllar, tesoriere capo della corona, che aveva introdotto Íñigo al decoro e alla diplomazia di corte, aveva perso la sua posizione privilegiata.
La conversione di Ignazio avvenne durante la sua lunga convalescenza dalle ferite, mentre leggeva le vite dei santi, come Francesco e Domenico. I sogni di Ignazio si trasferirono dalle imprese eroiche sul campo di battaglia al servire eroicamente Cristo. La bolla di canonizzazione del 12 marzo 1622 riporta che Ignazio fu chiamato dagli onori mondani e dal servizio militare a una vita santa che portò alla fondazione dell’ordine dei gesuiti e, in definitiva, alla consolazione delle anime in tutto il mondo.
Mentre il tema generale di quest’anno giubilare è la conversione, l’invito di fondo legato a questa conversione è “Vedere nuove tutte le cose in Cristo”. (2 Cor 5,17). Vedere “perfettamente”, come Noguere, o vedere tutto nuovo, come San Paolo, è riconoscere che prima c’era una qualche forma di cecità. Allora, quando saremo toccati dalle reliquie di Ignazio – vale a dire, una volta ispirati dalla sua esperienza e dalla sua tradizione spirituale – potremo lasciarci consolare da Dio, e così abbracciare il nostro presente e il nostro futuro con rinnovata speranza e fede.
Il nostro mondo affronta nuove sfide. Il Covid-19 da solo ha sconvolto i nostri modi normali di vivere. Abbiamo bisogno della fede per essere in grado di vedere di nuovo. La 34ª Congregazione Generale della Compagnia di Gesù nel 1995 ha dichiarato che “senza la fede, senza uno sguardo di amore, il mondo degli uomini appare troppo cattivo perché Dio sia un Dio buono, perché un Dio buono esista. Ma la fede riconosce che Dio agisce, tramite l’amore di Cristo e la potenza dello Spirito Santo, per distruggere le strutture di peccato che affliggono i corpi e i cuori dei suoi figli”.
La Congregazione è stata significativa in parte perché ha avuto luogo in un momento di auto-esame per la Compagnia. Era un momento in cui, come gesuiti, come indicato dalla Congregazione, “abbiamo incontrato i nostri limiti e le nostre debolezze, le nostre luci e le nostre ombre, i nostri peccati”. Eppure, in mezzo alle rotture del mondo, i gesuiti “hanno trovato anche non poca saggezza e bontà”. Sono stati in grado di vedere tutto nuovo e hanno rinnovato il loro impegno a “seguire questo Cristo, Signore crocifisso e risorto, nel pellegrinaggio e nel lavoro”.
La conversione di Ignazio non è stata completata immediatamente, dopo la sua caduta a Pamplona. Questo incidente, tuttavia, ha stabilito un nuovo corso della sua vita. Ha capovolto la sua vita e lo ha costretto a un auto-esame. Da questo risveglio spirituale, in Ignazio è nato un desiderio ardente di santità e uno zelo di fare grandi cose per Dio, che alla fine lo ha portato a un lungo processo di auto-abbandono.
Il fascino di questa conversione oggi è che di fronte a una situazione senza speranza, Ignazio ha creato una maggiore intimità con Dio. Rinnovando la sua relazione con Dio, è stato in grado di ricentrare la sua esistenza instabile. Ignazio ha messo Dio al centro della sua vita. Poteva guardare il mondo non con paura, ma con la speranza e il desiderio di incendiarlo con l’amore di Cristo.
Il fascino di questa conversione oggi è che di fronte a una situazione senza speranza, Ignazio ha creato una maggiore intimità con Dio.
Quest’Anno Ignaziano non si limita alla conversione di Ignazio, ma culmina con la sua canonizzazione. La sua causa è stata sostenuta da miracoli attribuiti alla sua intercessione, come il recupero della vista di Noguere grazie al tocco delle reliquie. Sebbene il linguaggio delle reliquie e dei miracoli possa sembrare in contrasto con l’estremo razionalismo del nostro mondo, tutti noi abbiamo il compito di rendere queste “reliquie” e questi miracoli significativi per il nostro tempo. Come eredi della tradizione ignaziana, siamo i custodi delle “reliquie” spirituali di Ignazio. Rimaniamo debitori della ricca tradizione ignaziana, che, sebbene radicata nel cristianesimo medievale, ha coraggiosamente abbracciato il mondo moderno. Le opportunità offerte dal mondo del tempo di Ignazio hanno plasmato la Compagnia di Gesù, che a sua volta ha contribuito a trasformare la Chiesa e il modo in cui essa si rivolge al mondo.
I miracoli fanno ancora parte della nostra pratica spirituale. Di fronte a una tragedia, una malattia incurabile, la perdita del lavoro, di un amico o di un fratello amato, possiamo pregare Dio nel segreto del nostro cuore di intervenire. Il vero miracolo potrebbe non essere la realizzazione immediata dei nostri desideri o delle nostre preghiere per diverse necessità, ma piuttosto la consolazione che cresce dall’approfondimento della fede in Dio. Il miracolo è credere che per coloro che, come Ignazio, credono in Dio e confidano nella cura e nella provvidenza di Dio, non c’è incidente, tragedia o fallimento che non possano superare. Il fondo che Ignazio ha toccato nel 1521 è divenuto un trampolino di lancio per avventure sempre più grandi, una maggiore autorealizzazione e un vero successo. La Chiesa considerò il viaggio di Ignazio dal 1521 al 1622 esemplare per gli altri.
In Africa e nella sua Chiesa in crescita, ci sono ampie ragioni di speranza, ma anche di disperazione. Celebrare un giubileo rafforza la nostra speranza che le cose possano cambiare in meglio. I malati possono essere guariti. La pace può essere ripristinata. La gioia del Vangelo può fiorire. I re di Spagna, Francia e Baviera furono capaci di mettere da parte le loro sanguinose rivalità per perorare la causa della canonizzazione di sant’Ignazio. Come loro, tutti i cristiani possono aiutare a costruire una comunità mondiale pacifica e creare nuove reti di solidarietà e amicizia per la maggior gloria di Dio e il servizio dei più poveri tra noi. Vedere nuove tutte le cose significa rinnovare il nostro impegno verso la visione originale di Ignazio di profondità spirituale, amore e servizio della chiesa e della società.
(Immagini Ⓒ Ignasi Flores).