Durante questo Anno Ignaziano, pubblichiamo una serie di omelie che il P. Generale Kolvenbach ha tenuto nei giorni della festa di S. Ignazio. In questa prima omelia, P. Kolvenbach parla dell’importanza di Maria per Sant’Ignazio.
In questo anno mariano non possiamo celebrare insieme questa sera la festa di Sant’Ignazio senza ricordare la sua devozione alla Madonna. In un’epoca della storia della Chiesa nella quale la riforma tentava di mettere da parte la Madre di Dio per onorare più puramente e unicamente suo Figlio Gesù, Sant’Ignazio faceva conoscere ovunque la sua esperienza spirituale, perché questa gli ha fatto scoprire che, invece di allontanarci da Cristo, al contrario la Madonna ci introduce nel mistero di Dio.
Nel suo Diario spirituale Ignazio chiama la Vergine «porta e parte della grazia». Ella è la porta ed è allora da lei che Ignazio voleva sempre imparare prima di tutto come parlare con suo Figlio Gesù e come rivolgersi a Dio Padre. Non c’è colloquio, negli Esercizi Spirituali, che non cominci dalla porta che è l’intercessione della Madonna. Ed è proprio perché ella fa parte dell’opera della nostra salvezza che può introdurci nell’incontro con la Trinità. Rivolgendosi così alla Vergine Sant’Ignazio sottolinea che gli Esercizi Spirituali non vogliono presentarci una dottrina o una serie di idee, ma vorrebbero renderci disponibili a un incontro personale con Dio, un incontro che Nostra Signora testimonia per mezzo della sua vita di prima credente e di piena di grazia, di madre addolorata e di vergine tutta gioiosa. Sarebbe difficile giustificare una tradizione che vorrebbe che Nostra Signora abbia dettato a Sant’Ignazio gli Esercizi Spirituali, parola per parola, ma è chiaro che è dalla Madonna che Ignazio ha imparato a collaborare generosamente e gratuitamente con l’opera di salvezza di suo Figlio Gesù e che è alla Madonna che Ignazio pensava quando osa delineare i contorni contemplativi e apostolici della sua spiritualità. L’icona di Nostra Signora che Sant’Ignazio ha dipinto comporta una dimensione pasquale che noi talvolta rischiamo di dimenticare.
Anche Ignazio mette in evidenza i dolori della Vergine. Egli non dimentica che la croce incombe già sull’evento della natività di Gesù. Ignazio mette in particolare rilievo l’addio di Gesù a sua madre, nel momento in cui il Signore rinuncia alla sua famiglia di Nazareth per consacrarsi esclusivamente alla missione che suo Padre gli ha affidato. Ma soprattutto Ignazio ci invita a unirci con tutto il cuore alla solitudine di Nostra Signora durante la passione di suo Figlio, a unirci a un tale dolore e a una tale sofferenza in cui tuttavia l’amore più forte di ogni morte sostiene la sua fede nella croce e la sua speranza nella risurrezione.
Ma Ignazio, che si sapeva chiamato a seguire il Signore nelle sue pene e nelle sue gioie, sentiva che la Madonna partecipava mediante i suoi dolori alla Croce, mediante le sue gioie alla Gloria pasquale di suo Figlio e Signore. Per questo Sant’Ignazio, sempre così fedele alla parola del vangelo, ci invita a contemplare un incontro di cui il vangelo non parla: quello della prima apparizione del Signore risorto a Nostra Signora. Come se egli prevedesse la nostra meraviglia, Sant’Ignazio si è così giustificato: «Questo, sebbene non si dica nella Scrittura, lo si ritiene per detto… Infatti la Scrittura suppone che abbiamo intelletto, secondo quello che sta scritto: Siete anche voi senza intelletto?» (Es. Spir., 299). Per Sant’Ignazio non si tratta di una pia esegesi, di una bella fantasia. Riprendendo le parole stesse di Sant’Ignazio: la Madonna è la porta alla gioia pasquale perché ella fa parte di questo mistero.
Fedele a una lunga tradizione nella Chiesa, questo incontro pasquale tra il Signore risorto e Nostra Signora era del tutto differente dalle apparizioni di cui il vangelo parla e che avevano tutte lo scopo di convincere e rassicurare i discepoli che dubitavano della risurrezione del loro Signore. La consolazione che la Madonna ha ricevuto in questo incontro pasquale non è per nulla una compensazione sentimentale per le pene sofferte sotto la croce. Per Sant’Ignazio questa consolazione non poteva essere che una crescita nella fede pasquale, nella speranza pasquale e nell’amore pasquale. Non è, come nel caso dei discepoli, una fede troppo umana e vacillante che aveva bisogno di ingrandire: nella Madonna la Pasqua ha accresciuto la fede in suo Figlio risorto che rivela come la vita scaturisce dalla morte, come all’interno stesso delle sofferenze e dei dolori brilla la luce di Cristo. Non è, come nel caso dei discepoli, una speranza troppo terra terra e interessata a essere ricompensata per tante prove, che aveva bisogno di essere purificata in lei: nella Madonna la Pasqua ha accresciuto la speranza nell’incomprensibile paradosso di ogni vita nello Spirito, in cui ogni giorno bisogna prendere amorosamente su di sé la croce per risuscitarvi già ora ogni giorno di nuovo con il Signore risorto. Non è, come nel caso dei discepoli, un amore possessivo e mutevole che aveva bisogno di essere confermato: nella Madonna la Pasqua ha aumentato l’amore pasquale che nel Signore risorto perde la sua vita affinché l’altro viva in abbondanza, che mediante un comandamento nuovo dà tutta la vita per la vita del mondo. Sant’Ignazio ci invita questa sera a rinnovare in questa Eucaristia il mistero della grande Pasqua del Signore e a pregare come Chiesa perché avvenga a noi ciò che in archetipo è avvenuto alla Madonna, madre addolorata e vergine gioiosa: la consolazione di crescere nella fede pasquale mediante una speranza pasquale per un amore pasquale più forte di ogni morte.
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