Francesco Saverio: la sua conversione personale e quella altrui, un’interazione

3 Dicembre 2021Articolo

Francesco Saverio: la sua conversione personale e quella altrui, un’interazione

 

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta nell’Annuario dei gesuiti del 2021. Potete trovare l’intero Annuario seguendo questo link.

 

Tutto ebbe inizio a Parigi nel 1528, quando Ignazio di Loyola entrò nella vita di Francesco Saverio. Questi aspirava alla meta, considerata normale per i giovani aristocratici del tempo, di un titolo universitario della prestigiosa università di Parigi, con la speranza di diventare, un giorno, vescovo di Pamplona. Ignazio pose il suo sguardo su questo giovane ambizioso e insistette, per tre anni, affinché abbracciasse l’ideale trascendente: vivere e morire per Cristo e non per se stessi. La fiamma divampò e non si spense fino all’ultimo respiro di Francesco Saverio.

Sembra che il giovane Francesco Saverio non sentisse il bisogno di convertirsi, dal momento che non aveva nulla di gravemente peccaminoso nella sua vita, cosa che ostacolava il lavoro di Ignazio. Dio intervenne provocando in lui la conversione che sembrava impossibile. Gli Esercizi Spirituali che realizzò con Ignazio furono decisivi. Ai tempi dell’università, Francesco Saverio era campione di salto in alto e, durante alcuni esercizi, si legò con tanta forza le braccia, i fianchi e le gambe, che corse il rischio dell’amputazione. Da quel momento non cercò mai più la gloria personale. Gli Esercizi lo toccarono così profondamente che fece proprie le ambizioni di Dio.

La Compagnia di Gesù fu fondata, soprattutto, per la difesa e la propagazione della fede. Quando fu inviato in Oriente, Francesco Saverio, conoscendo la mente di Ignazio, si dedicò ferventemente, e non al rallentatore, ad aiutare il prossimo ed a procurarne la salvezza. È diventato famoso quel brano in cui racconta di come avesse le braccia stanche per i tanti battesimi alla folla. Ma la sua missione evangelizzatrice si limitava solo alla salvezza delle “anime”, affinché non andassero all’inferno, nel caso in cui non fossero state battezzate?

Saverio non si limitò a battezzare, ma aiutò anche i battezzati perché la grazia battesimale avesse effetto sulle loro vite, per mezzo di un corrispondente cambio di vita. Voleva che quanti entravano in contatto con la persona di Cristo si liberassero di tutte le condizioni umane che li mantenevano schiavi, fossero interiori (alcolismo, odio fratricida, promiscuità…) o esteriori. Quando i vulnerabili Parava, della costa dell’India orientale, furono attaccati dai Bagada del nord, e stavano morendo di fame sugli isolotti rocciosi di Capo Comorin, Francesco Saverio rischiò tutto, anche la vita, e corse in loro aiuto. Addirittura, protestò presso il re del Portogallo, quando i suoi soldati vollero sfruttare i poveri pescatori di perle.

Per Saverio la conversione era, come lui stesso aveva sperimentato in prima persona, un incontro con Cristo vivo, che trasforma la persona, nel suo insieme. Questa visione olistica è alla base della preghiera che compose “per la conversione dei gentili” (1548 ca.), nella quale afferma che tutti gli esseri umani sono creati a immagine e somiglianza di Dio. La preghiera termina così: «fa’ che anche loro conoscano Gesù Cristo […] che è salvezza, vita e resurrezione nostra, per mezzo del quale siamo liberi e ci salviamo…».

 

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Nel suo epistolario leggiamo che Saverio approvava la distruzione delle statue degli dèi pagani e che se ne rallegrava. Questo offende la sensibilità umana e cristiana attuali: com’è possibile che un uomo così impregnato dell’amore di Cristo avesse un simile atteggiamento? Le sue facoltà interiori non avrebbero avuto bisogno di una maggior cura? Sì, sarebbe stata necessaria. La conversione è un lavoro continuo, non un evento unico. Il fuoco dello zelo iniziale di Saverio non fu in grado di disperdere tutte le ombre del suo intelletto. Prima del suo primo viaggio dall’India alla Malacca, Francesco Saverio visse un ritiro in silenzio, accanto alla tomba dell’apostolo Tommaso, a Mylapore. Quel periodo contribuì alla sua conversione continua, però fu l’esperienza del suo secondo viaggio in Giappone quella che gli diede alcune preziose lezioni di umiltà. Fu in quest’occasione che Saverio permise che la grazia toccasse le zone d’ombra del suo intendere; ne conseguì che fu capace di “uscire dagli schemi” e cambiare le proprie strategie di evangelizzazione. Rallentò, si sforzò di capire l’altro, la sua cultura, la sua religione, prima di convertirlo. Francesco Saverio accettò che, per poter entrare, doveva farlo dalla porta dell’altro. Perché i giapponesi conoscessero Gesù, era disposto a lasciare da parte i propri preconcetti a proposito della conversione. Il suo zelo per le anime non scomparve; anche se il fuoco divoratore iniziale diminuì, quello dello zelo continuò ad ardere con maggior intensità e continuità.

Francesco Saverio volle entrare in Cina perché credeva che la conversione del Paese avrebbe reso più facile quella di tutto l’Oriente. Un’espressione che troviamo nell’epistolario è “aprire un cammino per l’altro”. La frenetica attività iniziale di Saverio potrebbe dare l’impressione che volesse battezzare lui solo tutti quanti, che volesse essere presente ovunque contemporaneamente. L’esperienza gli insegnò che la sua missione era aprire il cammino per gli altri, come fece, a beneficio dei futuri missionari che lo seguirono.

La conversione personale di Francesco Saverio e quella di altri s’influenzano a vicenda. La sua conversione personale lo spinse ad aiutare altri verso la salvezza e questo stesso proposito fu motivo di una trasformazione ancor più profonda in lui. Nel suo viaggio missionario, dovette continuamente superare barriere, interiori ed esteriori, cosa che fece sì che meritasse il titolo sanscrito di Sant Aniruth, “L’Illimitato”.

 

Traduzione di Ivana Pistoresi De Luca

Written byÉcrit parEscrito porScritto da Paul Rolphy Pinto SJ
P. Paul Rolphy Pinto SJ è un gesuita indiano della Provincia del Gujarat. Attualmente è professore di spiritualità alla Pontificia Università Gregoriana di Roma.

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